Gianmarco: «Ecco come funziona l’università per gli studenti transgender come me»

Giammy ha 22 anni e studia Intelligenza artificiale a La Sapienza di Roma. Sta per iniziare il secondo anno della magistrale. Sul suo libretto c’è il numero di matricola e il nome Gianmarco. Eppure sul suo precedente libretto, quello della triennale, c’era scritto Giulia. Gianmarco è un ragazzo transgender: la sua l’identità di genere, cioè quella percezione che ognuno ha del proprio sentirsi maschio o femmina (e che non ha nulla a che vedere con l’orientamento sessuale) non coincide con quella attribuitagli alla nascita sulla base degli organi genitali. Perciò ha avviato un percorso di transizione verso il genere maschile (FtoM, female to male-da femmina a maschio), ha cominciato ad assumere testosterone ed è in attesa della sentenza del Tribunale per ottenere una nuova identità anagrafica (una procedura per la quale non è necessaria una riassegnazione del sesso tramite interventi chirurgici). «Da quando ho memoria, mi sono sempre sentito un maschio, però ho aspettato fino ai 20 anni per fare coming out: non avevo tanta voglia di scombinare i pranzi di Natale della mia famiglia», racconta Gianmarco con ironia. «Poi un giorno mi sono deciso a parlare con i miei genitori e con mia sorella e ho pubblicato un post su facebook, raccontando la mia storia e il fatto che desideravo essere chiamato con un nome diverso. Da quel momento è cambiato tutto».

Le reazioni sono state molto positive: «I miei compagni all’università sono “scialla”», racconta. «Alcuni avevano già notato la mia componente maschile e non sono rimasti sorpresi. Altri lo hanno scoperto tramite facebook. Nessuno mi ha mai messo a disagio». Dopo il coming out, il passo successivo è stato quello di richiedere una carriera alias all’universitàLa Sapienza è infatti uno dei 32 atenei pubblici (sui 68 presenti in Italia) ad offrire ai ragazzi e alle ragazze in transizione la possibilità di attivare (gratuitamente) un profilo burocratico, un badge e un indirizzo email alternativo e temporaneo, che sostituisca il nome anagrafico con quello adottato, almeno fino all’ufficiale rettifica anagrafica. Gianmarco ricorda che prima di avere un nuovo libretto, in occasione del primo appello, aveva mandato una mail a un docente raccontando la sua storia e chiedendo di essere chiamato con il nuovo nome. «Quel professore non mi rispose mai, ma il giorno dell’esame saltò l’appello e disse che i presenti potevano sedersi dove volevano. Non seppi mai se lo fece per evitarmi di vivere quel disagio, oppure per proteggere se stesso». A Ingegneria informatica quasi tutti gli esami sono scritti e quindi non capita spesso di essere chiamati per nome, ma, spiega Gianmarco, «per gli studenti delle facoltà che hanno molte prove orali la carriera alias può davvero cambiare la vita. Se io oggi non avessi attivato questa possibilità, e se i professori mi convocassero agli esami chiamandomi ancora Giulia, per me sarebbe terribile, imbarazzante e doloroso. Non potrei proprio sopportarlo. E infatti non ho nemmeno ritirato l’attestato della laurea triennale con il mio nome precedente».

Attivare la procedura è semplice: «Basta andare sul sito dell’ ateneo e scaricare un modulo», racconta Gianmarco. «Ogni facoltà ha le proprie regole. Io fui convocato per un colloquio conoscitivo in cui dovetti portare un documento che attestasse l’avvio del percorso di transizione. Il mio era firmato dalla dottoressa Maddalena Mosconi del Saifip, il Servizio di Adeguamento tra Identità Fisica e Psichica dell’ospedale S. Camillo-Forlanini di Roma, che mi sta accompagnando in questo cammino».

In Italia, come riporta il sito https://universitrans.it su 68 atenei pubblici, 32 offrono la possibilità agli student in transizione di iscriversi adoperando la carriera alias, 5 offrono la stessa possibilità ai docenti e solo 2 la consentono anche al personale tecnico-amministrativo*. Per conoscere quali università offrono carriere alias (o altre forme di tutela) è possibile consultare la mappa disponibile QUI.