Smart working, l’esperto: “Il ‘bonus’ per la sedia da lavoro non esiste”

“Il dipendente che lavora da casa non può pretendere che l’azienda sostenga le sue spese per l’acquisto di sedie, scrivanie, doppi schermi. Si tratta di una scelta che spetta al datore di lavoro, che ne deve sostenere l’onere”. Lo spiega Mariano Corso, docente del Politecnico di Milano e Responsabile Scientifico degli “Osservatori Smart Working”.

L‘esperto smorza le speranze di quanti avevano creduto, nelle ultime settimane, che il Governo avesse emanato un bonus da 516 euro con il quale fosse possibile acquistare una parte dell’arredo per riprodurre, nella propria abitazione, i comfort e l’ergonomia di cui disponeva in ufficio.

Professor Corso, perché il dipendente non può esigere che sia l’azienda a comprare scrivanie e sedie ergonomiche?
“Perché dal punto di vista normativo quello che i lavoratori stanno facendo da casa è una forma di ‘smart working semplificato’. Le responsabilità e gli oneri a carico delle aziende sono diverse da quelle previste in caso di telelavoro”.

Quali sono le tutele previste per chi lavora in telelavoro?
“Nel caso di personale in telelavoro, in cui un dipendente è vincolato a lavorare in uno specifico luogo e con orari fissi, spetta all’azienda garantire l’ergonomia e salubrità del posto di lavoro. E’ il datore di lavoro, ad esempio, che deve assicurarsi che il personale disponga di una postazione progettata in modo da evitare sia i rischi di natura biomeccanica per il sistema muscoloscheletrico, sia i rischi per la vista”.

E in caso di smart working?
“Tali tutele non sono previste per il personale in smart working, i cui compiti dovrebbero poter essere svolti senza precisi vincoli di luogo e orario e senza un controllo rigido da parte delle aziende. La legge 81/2017 che istituisce lo smart working o lavoro agile, prevede che la responsabilità del datore di lavoro sia unicamente quella di formare e informare il lavoratore fornendo in particolare, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi connessi alla modalità di esecuzione del lavoro. Ma, ed è questo il punto che ci interessa, non spetta all’azienda farsi carico dell’ergonomia della postazione”.