Il passaggio all’età adulta si compone spesso di piccole e personali epifanie. Sollecitate dal corpo che cambia, o dal contesto d’origine. Dietro, però, c’è sempre l’emancipazione dalla madre. Ce lo spiega una psicoterapeuta in un libro appena uscito
«Hänsel e Gretel: il mio anatema», Daniela, 30 anni, Catania
«Nella mia famiglia le donne hanno sempre comandato. Lo hanno fatto da un angolo, stando attente a non ferire la permalosità e l’orgoglio dei maschi, masticando rabbia, fatica e stanchezza. Imperiose e trionfanti, strette nel loro celato matriarcato, per tutta l’infanzia non hanno fatto che ripetermi che la dignità di una donna si poggia sul fatto di non dipendere mai, in nessuna occasione, da un uomo e che quel che più conta è realizzare i propri talenti. La sera, prima ancora che diventassero di moda le storie per bambine ribelli, per addormentarmi mi leggevano le fiabe che avevano come protagoniste delle bambine coraggiose: volevano che diventassi come Gretel che, nella fiaba dei Grimm, è colei che butta la strega nel forno e libera il fratello. Ma io sentivo di non avere ricevuto quell’eredità. Per me quell’ostentazione impudica di forza, cocciutaggine, determinazione aveva qualcosa di ossessivo e più crescevo, più pativo il potere coercitivo di questo comandamento. Decisi presto che avrei fatto di tutto per scrostare questo anatema. Da disobbediente costretta, iniziai a rispondere con accondiscendenza. “Sì, va bene, come vuoi”. Questa per me era libertà»